lunedì, febbraio 27, 2006

Dal Giappone con furore...!


Tornata più che stanca dal fine settimana fuori Roma volevo segnalare tre mostre di argomento giapponese che credo possano interessare più di una persona, forse quattro o cinque..!

La prima è TaishoFashion - La moda del Kimono dagli anni ‘20 agli anni ‘40, una mostra curata dalla mia ex professoressa di giapponese e di yamatologia Daniela Sadun, che già da qualche semestre propone nei corsi di storia dell'arte giapponese/yamatologia dell'università La Sapienza interessanti sguardi sull'arte e la società giapponese del periodo Taisho (1912-1926). La mostra, attraverso una selezione di kimono, obi e tazze da tè dell’epoca Taisho, intende rievocare il profumo di un passato che esprime ancora raffinatezza ed eleganza e di cui è simbolo quell’animo femminile che anche in Giappone iniziava ad acquisire la consapevolezza dei propri diritti oltre che del proprio fascino. L'esposizione è stata inaugurata il 24 febbraio presso Edo City (Piazza del Paradino 18, zona Campo de' Fiori) e durerà fino all'11 marzo.

La seconda è una mostra di cui so poco e niente! Si tratta di 20 Manga di Hokusai una collezione privata di venti manga del grande artista giapponese in esposizione presso Monogramma Arte Contemporanea, via Margutta 57. La mostra sarà inaugurata il 3 marzo alle 18,30 e durerà fino all'8 marzo. In galleria sarà possibile acquistare il catalogo curato da Valeria Romeo.




Dell'ultima mostra se ne è parlato anche oggi al Tg2 (incredible!). E' L'estetica del Sapore - Un'arte giapponese, presso l'Istituto giapponese di cultura, in via Gramsci 74. La mostra illustra attraverso immagini, utensili e mihon - le riproduzioni più che realistiche dei piatti, considerate una vera e propria forma di artigianato artistico - quanto vista e gusto siano complementari nella comprensione di etica ed estetica della gastronomia giapponese. La mostra è curata da Iko Itsuki e salvatore Damiani. Le foto sono di Shunji Okura.

Bhè...che aspettiamo?? Ikimashou!!

domenica, febbraio 19, 2006

The Libertine...oh Johnny!


Una settimana fa, in un'insolita non troppo fredda notte cesenate, sono andata a vedere il film di cui mi accingo a parlare, The Libertine. L'interesse per questa pellicola era dettata soprattuto dal faccione intrigante e sensuale di Johnny Deep che emerge dalla locandina in bianco e nero del film. La faccia di Johnny è bella indipendentemente dalla locandina sulla quale è stampata.

Del film sapevo poco e niente, per cui ci sono andata non troppo prevenuta, ma curiosa di quello che stavo per vedere. Con stupore ho poi letto in questi giorni dure critiche e spietate recensioni su un film che a dire il vero è molto piacevole, nonostante quello che il protagonista dice nel prologo del film:"Non vi piacerò".

Il film parla di John Wilmot, secondo Duca di Rochester, famoso poeta e commediografo della Londra del 1600 post-Shakespeare, noto per la sua vita anticonformista. Per la trama del film e per la vita e le opere del Wilmot vi rimando ad un qualsiasi motore di ricerca sul web.

Il film è un adattamento cinematografico dell'omonima opera teatrale di Stephen Jeffreys (che nel film è lo sceneggiatore di se stesso), e di questa origine teatrale del film ci si rende conto dalle inquadrature, dalla fotografia e dalla luce utilizzate nelle riprese. Si ha l'impressione, dai numerosi primi piani (ai quali non sfuggono sudore, unto della pelle, e imperfezioni piccole e grandi del volto), dai movimenti della telecamera che seguono traballanti gli attori, dalla penombra della luce di candela (scelta artistica del regista Laurence Dunmore, che firma con questo film la sua opera prima), di trovarsi su un palco teatrale o quanto meno in una primissima fila di un teatro inglese, o addirittura di essere l'interlocutore delle varie parti declamate. Il film ha un prologo ed un epilogo recitato dal protagonista, proprio come in una pièce teatrale. Il linguaggio è poeticamente elaborato come in un libretto (abbiamo pensato, io e il mio accompagnatore cesenate, che in originale l'inglese sia quello del XVII secolo, ma non ho ancora trovato nulla a sostegno di questa teoria). Il film è stato percepito --forse per colpa del trailer cinematografico-- come la storia di un uomo dissoluto (interpretato da un attore relativamente dissoluto e bellissimo...lo so, sono ripetitiva!), e per questo ci si aspettava malizia, lussuria, festini vari e chi più ne ha più ne metta. Niente di tutto ciò. Qui il Duca di Rochester sembra più impegnato in un amplesso con l'arte della composizione letteraria (poesia o commedia che dir si voglia) piuttosto che con prostitute o attrici-prostitute che pure compaiono nel film. Secondo me è molto meglio godere di questi aspetti letterari che starsene seduti a guardare due ore di stravizi di un conte inglese del diciassettesimo secolo che muore deturpato dalla sifilide, cosa che, aihmè, ci si aspettava invece da chi ha stroncato il film.

Insieme al bel Johnny ci sono anche il John-mito vivente- Malkovich, una Samantha Morton (la Agatha di Minority Report ) piuttosto in carne, le musiche sono di Michael Nyman...che altro dire??

mercoledì, febbraio 15, 2006

Strange Cloud


Ieri sul Monte Fuji c'era questa strana nuvola...! Pare si tratti di una nuvola piuttosto rara! E' buffa!

Qualche settimana fa è stato fatto notare che sul Fujisan non era ancora caduta la neve (non c'era il classico cappello di neve sulla vetta), e si temeva per una probabile eruzione vulcanica. Ma l'eventualità che il Fuji erutti pare che sia remota. Nel frattempo però il governo giapponese sta per approvare una serie di misure per pianificare eventuali azioni anti-calamità in caso di un'eruzione del vulcano. Stando ai documenti storici il Fuji ha eruttato 10 volte dal periodo Nara (710-794). Le maggiori furono le eruzioni dell'800, dell'864, e del 1707. Da 300 anni tace.

Secondo il piano governativo, ad informare chi di dovere della situazione del vulcano sarà l'Agenzia Metereologica Giapponese, che ha previsto tre possibili stadi: uno precauzionale, uno di "possibile eruzione", e "allerta eruzione". A seconda dello stadio, sarà proibito ai turisti l'entrata nella zona del vulcano, e l'evacuazione delle zone circostanti. Le task force saranno organizzate da un team di esperti, e non coordinate dalle amministrazioni locali per evitari campanilismi.


[...] Spargo lacrime per non potervi più incontrare,
a che mi può servire l'elisir dell'immortalità?

L'Imperatore consegnò lettera e flacone ad un messo imperisle e gli ordinò di portarli sulla vetta di quella montagna della provincia di Suruga. Gli spiegò cosa doveva fare una volta giuntovi: la lettera e il flacone con l'elisir dell'immortalità dovevano essere posti uno accanto all'altro e poi bruciati. Il messo, scortato da una numerosa truppa di soldati, scalò il monte e da quando vi fu bruciato l'elisir dell'immortalità la gente lo chiama Fuji.
Quel fumo ancora oggi sale dalle nuvole. Così è stato tramandato.

Storia di un tagliabambù - Anonimo


NB. E' anche il motivo per il quale il "nostro" Fuji (vedi blog) si chiama così. E' un po' fumato. Così è stato tramandato.

martedì, febbraio 14, 2006

Giri non giri...

Il 14 febbraio si festeggia San Valentino anche in Giappone, ma come accade spesso anche per altre occasioni, i giapponesi lo festaggiano in un modo del tutto particolare: sono solo le fanciulle che fanno regali ai maschietti!

Questa abitudine sembra avere le sue radici in una campagna che un'industria dolciaria giapponese, la Mary's Chocolate Company, iniziò nel 1958, promuovendo il giorno di San Valentino come il giorno in cui "le donne confessano il loro amore ad un uomo con un regalo di cioccolato." Il fornitore vendette il cioccolato a forma di cuore presso un grande magazzino di Tokyo. Soltanto cinque ne furono venduti in quell' anno, ma questa "vendita di Valentino" divenne popolare ogni anno che passava e l'abitudine delle ragazze di regalare il 14 febbraio cioccolato (ma anche caramelle e dolcetti vari) ai ragazzi ha messo gradualmente piede anche in Giappone.

C'erano stati altri tentativi da parte di un'altra industria di cioccolato, la Morozoff, di introdurre la festa degli innamorati nel 1936 e nel 1952, ma in quel periodo i tempi per la festa degli innamorati non erano ancora pronti. Il giorno di San Valentino acquistò piena popolarità solo negli anni '70 con altre caratteristiche prettamente nipponiche: i destinatari dei regali in cioccolata infatti in Giappone non sono soltanto quei ragazzi che stanno "nel cuore" delle fanciulle (fidanzati, mariti, ragazzi con i quali escono o per i quali hanno una cotta), ma la maggiorparte degli appartenenti al sesso maschile che fanno parte della vita della ragazza: quindi anche colleghi di lavoro, capi, amici, fratelli, il padre, ecc.

Due infatti sono i tipi di cioccolata che si regala a San Valentino: la giri choko e la honmei choko. Giri significa "obbligo", "dovere" soprattutto "sociale", nel senso confuciano del termine [cfr. la dicotomia giri/ninjo ("il sentimento umano spontaneo"), leitmotiv che ricorre spesso nella letteratura giapponese del periodo Tokugawa (1603-1868) e nelle rappresentazioni teatrali di kabuki in cui questi due valori entrano in forte conflitto], mentre choko sta semplicemente per "cioccolata". La giri choko allora è quella cioccolata che si regala per "dovere", soprattutto ai colleghi di lavoro e ai capi, ma anche ad amici verso i quali non si prova un particolare sentimento, e che potrebbero restarci comunque male per non aver ricevuto cioccolata! Non è insolito che una ragazza a San Valentino regali giri choko a 20 o 30 persone! A suo vantaggio va però il fatto che di solito questa cioccolata costa di meno rispetto alla honmei choko, non tanto per la qualità del prodotto, quanto per le confezioni che di solito sono più piccole e meno elaborate (si aggirano in media dai 300 ai 500 yen, poco meno di 5 €).

Honmei significa invece "probabile vincitore", il "favorito": si regala honmei choko al/ai ragazzo/i ai quali si vuole confessare il proprio interesse, al fidanzato, al marito, a persone comunque importanti e speciali per le quali si vuole spendere anche un po' di più! La honmei choko infatti nei negozi costa di più della giri choko poiché è confezionata e venduta in forme particolari (soprattutto a forma di cuore) e, ad esempio, è decorata con il nome del destinatario, ed il prezzo medio si aggira intorno ai 2000 yen (circa 15 €). Per rendere ancora più speciale il dono c'è l'usanza di fare a casa i propri cioccolatini, sciogliendo la cioccolata e creando con le proprie mani un regalo più personale.

Durante gli anni '80 i negozi che vendevano dolciumi non si lasciarono sfuggire l'occasione di sfruttare il senso del dovere della clientela, e crearono anche il "Giorno Bianco". Si tratta del giorno in cui i ragazzi che il 14 febbraio hanno ricevuto cioccolatini e dolci, "ricambiano" il favore facendo lo stesso dono alle ragazze dalle quali hanno ricevuto qualcosa un mese prima. Il "Giorno Bianco" si festeggia infatti il 14 marzo, ed è chiamato in questo modo perché le confezioni di dolci sono in genere incartate con carta bianca, o comunque il colore predominante è il bianco.

La festa di San Valentino in Giappone è comunque più sentita dagli adolescenti, in particolare quelli delle scuole medie e superiori, e soprattutto tra i maschi c'è una vera e propria competizione per chi riceve più cioccolata…anche questo è indice di popolarità! Il vantaggio di chi non ne riceve per niente e che non dovrà spendere uno yen il mese successivo!


venerdì, febbraio 03, 2006

L'innata critica delle geisha


In questi giorni una produzione cinematografica americana sta finalmente mettendo d'accordo Cina e Giappone: il film "Memorie di una Geisha" (tratto dall'omonimo libro di Arthur Golden) ha sollevato aspre polemiche in entrambi i paesi dell'estremo oriente...l'oggetto della critica (=il film) è lo stesso, tuttavia le motivazioni sono (senza manco dirlo) totalmente diverse!

Il Giappone si lamenta del fatto che i maggiori personaggi femminili del film sono stati interpretati da attrici non giapponesi, e in particolare da attrici cinesi. Poi ha trato fuori la storia dei kimono, non particolarmente curati nel film (io condivido tutte queste critiche, ma per particolari vi affido ad un esperto, leggete il post del blog di Fuji sull'argomento), e, ancora, gli intermezzi musicali delle geisha, più da film di cappa e spada cinese che da artista giapponese. Negli ultimi giorni Ken Watanabe ha difeso il cast del film (di cui anche lui fa parte) affermando che il talento delle attrici scelte (Ziyi Zhang, Gong Li, e la sino-malese Michelle Yeoh) è la cosa più importante, non la loro nazionalità. Si è dimenticato di dire che anche la notorietà a livello planetario delle tre ha contribuito alla loro scelta...

Ieri sono arrivate le critiche della Cina. L'uscita del film (prevista per il 19 febbraio) è stata addirittura bloccata, perchè nella società cinese le geisha vengono considerate al pari di prostitute e non piace vedere interpretare questa parte alle attrici cinesi. Il solo pensiero di vedere una donna cinese sottomessa ad un uomo giapponese ha fatto parlare di "disgrazia nazionale" tra quanti hanno visto le copie pirata che circolano.

Io non entro nel merito della polemica. Ma vorrei fare una considerazione molto seria. Il segreto dell'innata bellezza delle donne orientali, delle cinesi come delle giapponesi è uno shampoo appositamente creato per il capello asiatico, Asience, per "capelli che sono l'invidia di tutto il mondo"...

Peace.